Azienda Moscati, introdotta nell’Unità operativa di Urologia la biopsia Fusion per la diagnosi del carcinoma della prostata

Azienda Moscati, introdotta nell’Unità operativa di Urologia la biopsia Fusion per la diagnosi del carcinoma della prostata

Il tumore della prostata colpisce circa il 30% degli ultracinquantenni e l’80% degli ultraottantenni. Rappresenta la terza causa di morte e in Italia, ogni anno, si registrano circa 45mila nuovi casi. E’ pertanto fondamentale adottare strumenti di prevenzione efficaci e affidarsi a specialisti di provata esperienza. E proprio per ottenere maggiore accuratezza nella diagnosi del carcinoma alla prostata è stata introdotta, presso l’Azienda ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino, una nuova e sofisticata procedura. La metodica, denominata Fusion biopsy, viene eseguita nell’Unità operativa di Urologia da gennaio scorso su sollecitazione del nuovo direttore del reparto, Vittorio Imperatore: «Un software integrato all’interno degli ecografi – spiega il primario – consente di sovrapporre le immagini della Risonanza Magnetica multiparametrica con quelle dell’ecografia e l’urologo può effettuare il prelievo nella lesione centrando le zone sospette per processi tumorali».

La biopsia prostatica con tecnica Fusion presenta numerosi vantaggi per il paziente: innanzitutto, è molto meno invasiva rispetto alle biopsie ecoguidate tradizionali, poiché non sono necessari molti prelievi di tessuto prostatico e, di conseguenza, si ha un riduzione delle complicanze post-biopsia. Inoltre, vi è una maggiore possibilità di identificare neoplasie clinicamente significative, che risultano altresì meglio definite nella loro estensione e quindi si è in grado determinare la tipologia di trattamento più consona. «La procedura – conferma Imperatore – permette una gestione ottimale del paziente, in quanto contribuisce in maniera significativa a selezionare i casi da sottoporre a intervento chirurgico perché clinicamente rilevanti, distinguendoli da quelli non aggressivi, da monitorare con la cosiddetta sorveglianza attiva».

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