Coldiretti: ecco la “black list” dei prodotti alimentari più contaminati

Coldiretti: ecco la “black list” dei prodotti alimentari più contaminati

La Coldiretti ha presentato la “black list” dei cibi più contaminati, sulla base degli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti”.

In cima a questa poco lusinghiera classifica figurano, come si legge in un comunicato stampa della Coldiretti, i peperoncini piccanti provenienti dalla Repubblica Domenicana e dall’India, risultato il prodotto alimentare meno sicuro che finisce sulla nostre tavole.
Al secondo posto troviamo le bacche di Goji provenienti dalla Cina, seguite dal riso che arriva dal Pakistan.

Nella classifica dei dieci prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono anche i melograni dalla Turchia, il tè dalla Cina, l’okra (o gombo) dalle sembianze di una piccola zucchina importata dall’India, il dragon fruit proveniente dall’Indonesia, i fagioli secchi che arrivano dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola importati dall’Egitto che godono peraltro di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’Unione Europea.

Si tratta di prodotti arrivati in Italia con elevati livelli di irregolarità perché contaminati dalla presenza di insetticidi, che – sottolinea nella nota l’Associazione – spesso non sono neanche più ammessi dalla legislazione nazionale ed europea, come avviene nel caso di Dicofol, Acephate, Permethrin, Chlorfenapyr, Methamidophos riscontrati nei peperoncini, del Tricyclazole nel riso dal Pakistan, del Isoprothiolane negli esotici dragon fruit e di Fenpropimorph, Procymidone, Propoxur, Methamidophos nei fagioli secchi brasiliani.
Non si tratta tuttavia di casi isolati poiché dai risultati delle analisi risulta che i prodotti alimentari importati in Italia, con l’1,9% di campioni esaminati irregolari, sono ben 3 volte più pericolosi dei prodotti di origine nazionale per i quali solo lo 0,6% dei prelievi è risultato non conforme ai limiti di legge consentiti. La situazione è ancora più rischiosa per quelli di origine extracomunitaria per i quali la percentuale di irregolarità secondo l’Efsa sale al’5,8%, ben otto volte superiore ai prodotti Made in Italy”.

Per questo la Coldiretti ribadisce l’importanza di indicare in etichetta il Paese d’origine dei prodotti: “E’ necessario però che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori” ha concluso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore”. (fotografia da Unsplash.com – Pierre Bamin)

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