Costretta a chiudere i social per minacce l’infermiera, prima vaccinata d’Italia

Costretta a chiudere i social per minacce l’infermiera, prima vaccinata d’Italia

Claudia Alivernini, l’infermiere 29enne romana balzata agli onori della cronaca qualche giorno fa per essere stata la prima vaccinata d’Italia contro il Covid-19 allo Spallanzani, è stata costretta a chiudere i suoi profili social dopo essere stata raggiunta da minacce e insulti nelle ultime ore.

Tra le numerose offese e gli insulti che non si contano, qualcuno le ha persino scritto: «E ora vediamo quando muori». Ad essere presi di mira dai no-vax non sono stati soltanto i profili social personali dell’infermiera, ma anche le diverse pagine istituzionali che avevano rilanciato la notizia del V-Day, definendola una giornata storica nella lotta contro il virus.

L’infermiera, che lavora nel primo blocco delle Uscar del Lazio, oltre a sospendere i propri account, sta anche pensando di denunciare i responsabili di tali attacchi. Questi, infatti, non si sarebbero fermati di fronte alla chiusura degli account social della Alivernini, ma hanno anche creato dei profili fake, macchiandosi anche del reato di furto d’identità.

In tanti hanno espresso la propria solidarietà all’infermiera. Tra questi anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha dichiarato: «Claudia è la prima vaccinata in Italia contro il Covid. È stata travolta da messaggi e attacchi no vax, al punto di dover chiudere i suoi social Il suo sorriso ci ha raccontato una storia di forza e speranza. Una professionista che ha combattuto il Covid, come tante e tanti giovani che si sono improvvisamente trovati in prima linea, il 27 dicembre è stata la prima vaccinata del Lazio e d’Italia. Chi l’ha costretta a eliminare i suoi social e la sta minacciando dovrebbe vergognarsi. Siamo con te, Claudia, e con tutto il personale sanitario che ha lottato in questi mesi! Un grande abbraccio».

La stessa sorte è toccata qualche mese fa allo Spallanzani, i cui profili social sono stati sommersi di insulti nel mese di agosto quando è iniziata la sperimentazione sui 90 volontari. «Chi attacca l’Istituto Spallanzani attacca l’Italia» aveva commentato in quell’occasione l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato, definendo vili e vergognosi quegli attacchi.

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