LA FAMIGLIA JACKSON SCONVOLTA DA “LEAVING NEVERLAND”
È stato presentato ieri, al Sundance Film Festival di Park City, nello Utah (USA), il film documentario “Leaving Neverland”, opera che racconta i presunti abusi sessuali cheMichael Jackson avrebbe commesso nei confronti di due ragazzini che all’epoca avevano dai 7 ai 14 anni. Il film si basa proprio sulle testimonianze delle due presunte vittime che oggi sono degli adulti, Wade Robson e James Safechuck.
Per ragioni di sicurezza, la proiezione del film è avvenuta sotto controllo delle autorità, presenti addirittura con cani anti-bomba; in sala era presente persino un team di psicologi nel caso servisse assistenza agli spettatori più sensibili. A quanto pare, il pubblico sembra aver apprezzato molto il documentario, dato che al termine della proiezione, c’è stata una standing ovation nel momento in cui i due protagonisti sono saliti sul palco. Robson e Safechuck hanno spiegato di non essere stati pagati per partecipare a questo documentario né di voler guadagnare nulla con la sua produzione: il loro scopo sarebbe infatti solo quello di sensibilizzare le persone sul tema della pedofilia e far sentire la loro vicinanza ad altre eventuali vittime di abusi sessuali.
In “Leaving Neverland”, però, vengono mostrate solo le interviste alle due presunte vittime e alle loro famiglie, dunque non viene dato spazio a un’eventuale difesa di Michael Jackson e non viene fatta sentire alcuna voce della controparte. Questa è una delle principali accuse alla produzione del film mosse dai familiari del Re del Pop che, subito dopo la proiezione al Sundance Film Festival, hanno diffuso tramite i media uncomunicato: “Siamo estremamente solidali con qualsiasi vittima di abuso sui minori – si legge nella nota – Questo film, tuttavia, rende a queste vittime un disservizio. Scegliendo di non includere nessuna di queste voci che avrebbero messo in discussione la versione che era determinato a vendere, il regista ha trascurato il controllo dei fatti in modo da poter creare una storia così apertamente di parte da non consentire agli spettatori di vedere qualcosa di equilibrato”
I familiari di Jackson sono convinti che questo sia l’ennesimo atto di sciacallaggio mediatico ai danni dell’artista che ora non può più difendersi: “Questo non è un documentario, è quel genere di massacro da tabloid di un personaggio che Michael Jackson ha sopportato in vita, e che ora gli tocca anche dopo la morte. Il film prende accuse non confermate legate a cose che presumibilmente sono accadute 20 anni fa e le tratta come fatti. Robson e Safechuck – si legge ancora – sono dei bugiardi dichiarati che non hanno fornito elementi indipendenti e assolutamente nessuna prova a sostegno delle loro accuse, il che significa che l’intero film si regge soltanto sulla parola di due spergiuri. Ora che Michael non è più qui per difendersi, Robson, Safechuck e i loro avvocati continuano a sforzarsi per avere notorietà e denaro – sottolineano i familiari della pop star – diffamandolo con le stesse accuse per le quali una giuria lo aveva giudicato innocente quando era vivo”.